«Di penombra in penombra, la luce del Tabor». Omelia del padre abate Bernardo per la II Domenica di Quaresima

«Di penombra in penombra, la luce del Tabor». Omelia del padre abate Bernardo per la II Domenica di Quaresima

Omelie e meditazioni

Fotografia di Mariangela Montanari

Dal libro della Gènesi 
In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».
Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito».
Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio.
L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 
Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?
Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!

Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Omelia:

Fratelli e sorelle carissimi, nessun evangelista osa raccontarci cosa sia accaduto in quel sepolcro, nel crinale fra tenebre e luce che è stata l’aurora di resurrezione del Signore Gesù; lo Spirito si è fermato, non ha attraversato il cuore di alcuno dei discepoli in modo che, di fatto, la Chiesa non sa come, quando e cosa sia effettivamente accaduto, il suo svolgimento.

Noi contempliamo con lo sguardo e la fede, nella grande corsa di Giovanni e poi di Pietro, l’esito di quella notte: un sepolcro vuoto, un lenzuolo piegato e l’intuizione che viene confermata dall’angelo, non è più qui è risorto!

Invece lo Spirito Santo ha attraversato il cuore degli evangelisti perché potessero raccontarci cosa accadeva, ed è accaduto, sulla collina della luce, il Tabor, la trasfigurazione, la scena in cui, come abbiamo ascoltato in uno svolgimento preciso, che tra l’altro, insieme alle altre fonti sinottiche, ci permette una lettura di insieme sei giorni dopo, non dimentichiamolo, il giorno cioè della creazione dell’uomo, il Signore Gesù riceve una potentissima luce che fa diventare le sue vesti di fatto quasi inguardabili nella ristretta pupilla del nostro occhio.

La Chiesa, fratelli e sorelle, attraverso questa santa pagina, attraverso la comunione, attraverso cioè questa esperienza prodigiosa della trasmissione della parola “perché coloro che avevano ascoltato, visto, toccato rendessero partecipi tutte le generazioni” e quindi anche noi, dell’evento Gesù Cristo -è sempre meraviglioso leggersi il fondamento di tutto questo, fatelo stasera nelle vostre letture quaresimali, l’inizio della prima lettera di San Giovanni- la Chiesa invece, attraverso questa meravigliosa catena di rivelazione e di comunione, custodisce quello che è avvenuto sul Tabor, vorrei dirvi di più che la Chiesa, nella penombra dei suoi organismi architettonici, come qualcuno ci ha ricordato nel bel seminario voluto dall’amico Paolo, la Chiesa nelle sue architetture è chiamata proprio a custodire la luce del Tabor, a essere quella tenda proposta da quella che qualche mistico ha usato chiamare la gola spirituale di San Pietro, fermare il tempo, fermare gli spazi, costruire un abitacolo dove restare lì per sempre a godere di quella luce.

Ciò fermerebbe la storia. Ma questa successione di giorni, il sesto giorno, che altri evangelisti ci ricordano, significa quello che in realtà noi sappiamo, la liturgia ci fa vivere la parola, ci fa intuire, la salvezza è nel tempo, attraverso il tempo, lungo l’asse del tempo, dunque è peccato, gravissimo peccato, fermare il tempo, arginare il dono di Dio.

E dunque la salvezza è esperienza di uno svolgimento, fratelli e sorelle, che implica quella spazialità di conquista, di salita, di fatica, sulla collina, ma anche la discesa, per tornare nella successione dei minuti e sperimentare però una qualità nuova di un tempo, con Gesù stesso trasfigurato, che segnala appunto la possibilità di una ricreazione dell’uomo, un sesto giorno che si apre alla Pasqua senza fine che il Signore Gesù ci donerà a piene mani con la potenza del suo respiro, del suo perdono, della sua grazia, fratelli e sorelle.

Diversamente dal tempo naturale, il tempo dischiuso nell’esperienza della trasfigurazione è un tempo che restaura, che ringiovanisce, che investe di quella luce che credevamo perduta per sempre, inghiottita nella notte della nostra dimenticanza, del nostro non ascolto, della nostra non fede.

Questa è una parola di grandissima speranza, fratelli e sorelle, era importante che lo Spirito Santo visitasse il cuore degli evangelisti perché fosse chiaro nella loro narrazione, nella nostra lettura, questa possibilità nuova per ciascuno di noi, acquisire una chiave interpretativa del tempo, che liberi noi e Lui dalla legge naturale che consuma, che invecchia, che indebolisce, che sfigura e invece no!

Il Signore ci introduce in un tempo nuovo dove al contrario la successione ringiovanisce , l’avvertimento della croce che spaventa Pietro, propizia l’inversione di quella scansione temporale che per noi, in una prima lettura, non può che condurre alla morte, ma che invece, come il Vangelo ci insegna, apre alla Pasqua.

Come acquisire questa chiave interpretativa se dimenticassimo la luce del Tabor, se dimenticassimo quello che i padri notavano, che il frutto del Tabor è questa capacità nuova di vedere le cose intorno a loro, nel cuore e nelle pupille di coloro che accompagnano il Signore Gesù?

Questa è una notazione fondamentale, fratelli e sorelle, la luce che scende sul Signore Gesù, la nube che avvolge il Signore Gesù, non trasforma solo il Figlio di Dio, invita e permette una trasformazione, una trasfigurazione, anche per i nostri sensi, anche per il nostro cuore, anche per i nostri minuti e quindi davvero vincere la tentazione di Pietro di arginare tutto questo, perché quella tentazione segnala di nuovo la grande paura naturale, psicologica, istintiva di consegnarsi ad una storia che il Vangelo trasfigura potentemente, se solo lo sappiamo accogliere, in profondità.

E in questo effettivamente l’epica, perché tale è, del grande Abramo è meravigliosa, voi avete ascoltato, il suo unico figlio, unigenito, la generazione, la successione, di nuovo il tempo, segnato biologicamente da un figlio che nasce, il Signore chiede l’impossibile, l’inaudito, riprenderselo questo figlio e Abramo obbedisce, obbedisce perché effettivamente crede nel Dio della storia, crede in un Dio che non può fermare il suo tempo, crede in un Dio che è amore, e come tale generatore di libertà e di spazi e, non a caso il Signore giura su se stesso -non so se ci rendiamo conto la forza inaudita, questo Dio che giura su se stesso- questo vuol dire, come dire, un nuovo big bang di ricreazione perché Dio pone la possibilità di un futuro su se stesso, ecco, la promessa viene mantenuta e adempiuta nel segno di una prosecuzione di figli, di nipoti, di figli di figli e di nipoti di nipoti, questo è credere nel Dio della storia, questo significa, fratelli e sorelle, acquisire una chiave interpretativa del tempo che passa, segnato dalla possibilità che effettivamente la morte e la risurrezione del Signore Gesù con cui iniziamo a familiarizzare in questo laboratorio che è la Quaresima, squarci la legge di natura e ci introduca in una dimensione che non può essere soggetta ad alcuna legge che non sia quella della libertà e dell’amore. E dunque ci sentiamo ringiovanire da questa luce, fratelli e sorelle, concedetevi -posso dire questo con umiltà di amico- a questa luce!

Il tempo della vostra preghiera quaresimale -torno a dirlo con forza- non sia il grigiore di una penitenza mortificante e moralistica, sia al contrario l’accogliere la luce che il vento dello Spirito porta, per ricordarci la dignità dell’essere, il segno della predilezione di Dio verso questa creazione, ascoltatelo!

Lui è l’amato, e con lui noi siamo gli amati e questa nostra storia, questa nostra umanità ha tanto bisogno, fratelli e sorelle -scivolo nella banalità, ma non posso non dirlo- di sentirsi amati, senza perché, senza merito, con il peso delle nostre fragilità, delle nostre contraddizioni, ma chi porta su sulla collina il Signore Gesù? I migliori? I coerenti? Gli affidabili?

Porta ciascuno di noi, come stamani, vincendo il tanto temuto vento siberiano, abbiamo preferito aver fiducia nella proposta luminosa che il Vangelo non si stanca di schiudere al nostro cuore, se solo si apre alla possibilità di sentirci di nuovo finalmente cercati, desiderati, amati da una bellezza che Dio, riversando nel figlio, allontanandosi il figlio per amore di noi, ci concede, perché lo gustiamo senza limite. Amen.

Trascrizione a cura di Grazia Collini

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