Omelie

«Come germogli, nella sovrabbondanza dell’amore». Omelia del padre abate Bernardo per la I Domenica di Avvento

Domenica 2 dicembre 2018 – I domenica di Avvento

 

Dal libro del profeta Geremìa
Ecco, verranno giorni – oràcolo del Signore – nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa d’Israele e alla casa di Giuda.
In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra.
In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla, e sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia.

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi
Fratelli, il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti, come sovrabbonda il nostro per voi, per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi.
Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio – e così già vi comportate –, possiate progredire ancora di più. Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù.

 

Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

 

Omelia:

Fratelli e sorelle, la potente parola del Signore Gesù, trascritta dallo Spirito Santo nel cuore dell’Evangelista Luca, prevede la morte di uomini che finiranno la loro esistenza per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Ma noi siamo qui fratelli e sorelle, mossi dallo Spirito Santo per evitare quella morte e vorrei dire per vivere grazie alla speranza e al desiderio di quello che dovrà accadere nei cieli e questo non per evocare una fin troppo scontata scissione fra cielo e terra, come se la liturgia e la parola del Signore e la vita stessa in Cristo ci chiedesse di vivere già ed esclusivamente in una prospettiva estranea a questa nostra storia, a questa nostra terra, ma al contrario questa liturgia e questa parola potente, che risuona in questo nuovo inizio che è l’Avvento, ci invita al contrario ad essere uomini e donne attenti agli accadimenti della storia e della terra, ma di saperli decifrare, interpretare, in una prospettiva che non può esaurirsi nella terra stessa e nella storia stessa, e che sappia far dimorare nel nostro sguardo, nel nostro cuore, nel nostro silenzio e nella nostra parola, l’infinito del cielo.

Una prospettiva cioè capace di relativizzare ciò che troppe volte, per la nostra sopravvivenza, noi assolutizziamo e questa prospettiva, fratelli e sorelle, oltre a congedare, liquidare per sempre ogni facile divorzio fra terra e cielo, restituisce alla nostra vita una possibilità nuova, che abbiamo tutti insieme evocato facendo nostre le parole del Salmo Responsoriale “A Te, Signore innalzo l’anima mia, in Te confido”.

Vorrei dire, come è possibile innalzare la nostra anima se non abbiamo una terra sulla quale e con la quale dare lancio al nostro cuore, facendola quasi diventare un trampolino con il quale effettivamente restituire elasticità, dinamica, progresso, a tutto quello che è la nostra vita spirituale, la nostra vita in Cristo?

E certamente oggi le parole parlano, le parole del Signore parlano di verticalità, ma la verticalità esiste perché esiste anche una orizzontalità ed è proprio in rapporto, in relazione ad essa che possiamo riscoprire, con la bussola del cuore, un orientamento che restituisce al nostro cuore il desiderio di una vera e propria elevazione, il che significa, tradotto in un linguaggio meno astratto, facciamo tesoro di questo inizio che il Dio promettente restituisce al logorìo dei nostri giorni per riaccostarci con più forza, con più progresso, con più attenzione, con più dinamica, alla possibilità che Dio esista per la nostra vita in Cristo Gesù, che Dio abbia interesse per Cristo Gesù alla nostra esistenza, ai nostri giorni, ai nostri minuti che scorrono, ai nostri spazi, che si sciupano con l’andare del tempo, ma che non per questo significano la distrazione del Signore dalla nostra storia. E anzi, proprio quel loro logorìo e loro sciupìo segnalano l’invito, il segno, col quale Dio ci chiede una vera e propria elevazione dei nostri cuori per essere tra l’altro segno per l’umanità intera che dimentica la verticalità perché nemmeno più ama l’orizzontalità.

Nemmeno più desidera l’eterno perché non ama più i minuti, seppur contingenti, che Dio assegna alla loro e alla nostra esistenza.

E allora ci è chiesto davvero, fratelli e sorelle, di essere freccia verso l’alto, e lo vogliamo fare assumendo davvero queste parole della verticalità che la parola oggi ci dona con grande forza, anzitutto l’immagine della promessa di beni che l’oracolo del Signore ha fatto alla casa di Israele, alla casa di Giuda, parlando di un germoglio giusto, cioè della possibilità che la terra, ritenuta ormai sterile, possa al contrario effettivamente far spuntare una vita nuova, una vita che cerca, ancora sporca della polvere della terra, il cielo, senza paura della sua fragilità, senza paura della sua immaturità. Ma è bellissimo come la promessa dell’amore di Dio rispetti i tempi della nostra crescita, i tempi del nostro generare e generarsi, rispetti una prospettiva che invoca per noi tutti educazione alla crescita, pedagogia alla crescita, il che significa che dobbiamo tutti, in questo tempo d’Avvento, tornare ad essere più attentamente scolari della parola del Signore, scolari e discepoli dei tempi del Signore, del suo agire misterioso attraverso i Sacramenti, attraverso la storia che, con la simbolica dei Sacramenti e l’efficacia dei Sacramenti, primo fra tutti ovviamente l’Eucaristia, potrà essere di nuovo interpretata come possibilità di crescita e ricrescita mediante lo Spirito Santo, anzitutto di questa nostra stessa materia perché essa sia riconosciuta nella sua dimensione sacramentale, il che non significa idolatrarla, perché il Vangelo ci ha fatto ben capire, liquidando una volta per sempre prospettive filosofiche estranee alla signoria del Signore, come terra e cielo passeranno, con segni sconvolgenti, con dinamiche che certamente genereranno inquietudine e paura nei nostri sistemi di misura inadeguati, con buona pace dei pur rispettabili scienziati a dirci il mistero della realtà. Abbiamo bisogno di altre modalità di lettura della realtà stessa ed è per questo che il tempo di Avvento deve prepararci per essere vivi, non schiacciati dalla terra, per la paura che essa ci inghiotta, ma vivi e disponibili alla verticalità con la quale essere partecipi dei movimenti dell’infinito cielo; e sempre in questa prospettiva, non per assolutizzarlo, ma per riconoscerlo come il grembo infinito e fecondo da cui tornerà il Signore Gesù, nella sua dimensione di gloria, di avvento, di potenza, di signoria.

Davvero cielo e terra passeranno quando sarà presente con tale splendore colui che nelle mani di Dio creatore ha reso possibile questa nostra realtà, subordinandola per grazia alla sua signoria, proprio perché la nostra umanità non ne resti schiacciata, non ne resti soffocata, spazi e tempo non sono l’ultimo orizzonte della nostra vita, fratelli e sorelle, questo ci sta dicendo l’Avvento, per questo via dai nostri capricci, dalle nostre contorsioni, dalle nostre recriminazioni psicologiche, facciamo che il vento dello Spirito soffi forte nei nostri pensieri, nei nostri desideri, sintonizziamoci con la promessa verticale e altissima del Signore: per essa noi siamo vivi fratelli e sorelle!

Una vita generata da quella promessa, mantenuta da quella promessa, destinata a compiersi in quella promessa lì.

E allora credo che l’obbedienza a quel piccolo grande codice di amore che Paolo fornisce ad una delle sue comunità, diventi nello stesso tempo metodo, contenuto e ispirazione del nostro progredire in Cristo.

E lo ridico con forza, questa espressione bellissima che segnala la dimensione, lo ripeto, scolare, della nostra adesione a Cristo, tutti i discepoli, tutti mai abbastanza compiuti, formati, preparati per essere chissà come poi di Cristo, senza accogliere l’energia dinamizzatrice di quello Spirito Santo che ci fa progredire, cioè ci conforma nel tempo e nello spazio, all’ulteriorità della signoria del Signore Gesù, per l’appunto.

E allora questa prospettiva è bella, fa delle nostre case, delle nostre comunità, del mondo intero, per usare davvero le bellissime parole di Paolo, il luogo della sovrabbondanza dell’amore di Dio, bellissimo questo fratelli e sorelle!

Oggi la parola non ci chiede semplicemente l’abbondanza, la sovrabbondanza ci chiede, il che significa che nemmeno i nostri cuori devono essere incapaci di contenere l’amore di Dio, deve essere un’emorragia totale di quella forza che intuiamo essere, mediante la scuola dell’Avvento, la forza che ci tiene desti, speranzosi, orientati a quel verticale dal quale possiamo finalmente ricevere molto di più che quello che le nostre ristrette dinamiche psicologiche possono elaborare per non farci del male, per avere atteggiamenti di buone maniere, di buona educazione, di buona convivenza, di tolleranza, come ha codificato la presuntuosa modernità.

Ma chi se ne importa della tolleranza, di fronte alla sovrabbondanza dell’amore, chi se ne importa delle buone maniere di fronte a questa continua inquietudine che come pungolo deve rimettere in discussione ogni nostro presunto equilibrio di convivenza.

E’ la sovrabbondanza dell’amore che squarcia i nostri cuore, che li tiene svegli, perché nessuna coscienza potrà mai sentirsi in pace finché su questa terra si ode il gemito di un ingiustizia, di un’indifferenza, di un sopruso, di una disperazione, di chi ha fame, di chi ha sete, di chi migra, di chi ha perso tutto.

E allora fratelli e sorelle, ecco il senso dello stare attenti alle ubriachezze, non significa che in un modo letterale Paolo ci dica di non bere un bicchiere di vino, ma ci chiede davvero una consapevolezza e soprattutto una attenzione che è la forma evangelica, il metodo evangelico, col quale essere attenti a questa nostra storia, per trasformare il nostro vecchio e ormai disilluso cuore in un germoglio di vita nuova. Amen

 

Trascrizione a cura di Grazia Collini

 

 

 

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