Omelie

27 aprile 2018: Millenario di San Miniato al Monte. Il saluto del padre abate Bernardo

27 Aprile 1018 – 27 Aprile 2018 Mille anni di San Miniato al Monte

Celebrazione Eucaristica presieduta dal Cardinale Arcivescovo Giuseppe Betori

Il saluto dell’Abate Bernardo

“La facciata della Basilica di San Miniato al Monte, quando nel sereno, vien la sera, si alleggerisce, all’apparenza, del peso che la tiene a terra: allora, in fedeltà di secoli, rinnova la supplica al Cielo, con la scrittura della sua bellezza, per riavere nell’eterno un posto, che di quello in cui si trova ora altro non ne sia che la trasfigurazione”.

Eminenza Reverendissima, nostro padre Arcivescovo Giuseppe

Carissimi confratelli nell’abbaziato,

carissimo Priore Generale di Camaldoli,

carissimi confratelli e consorelle monaci e monache,

carissimi confratelli nel presbiterato,

carissimo Sindaco Dario,

carissime autorità,

carissimi amici e amiche di San Miniato al Monte,

con felice intuizione letteraria e spirituale lo scrittore di metà novecento Nicola Lisi intuisce perfettamente la vocazione di questa Basilica, con le parole che ho appena pronunciato. Essere un segno di verticale tensione, essere spazio di incessante gestazione di preghiera, essere misteriosa ed efficace prolessi di quel futuro che la beatitudine evangelica della speranza, per grazia e per dono, dona a chi, per fede, non si rassegna ad una interpretazione fatalistica o casualistica del tempo.

Per noi, nel quotidiano apprendistato della lectio divina, il tempo è davvero il tempio in cui incontrare il mistero del Dio della storia e degli spazi che, in Cristo Gesù, ha posto la sua tenda nel crogiolo meraviglioso e contraddittorio dei nostri giorni e dei nostri desideri. Per questa sorta di singolare assimilazione è sorto nel cuore di questa questa comunità monastica, da tempo, il desiderio di celebrare il meno inadeguatamente possibile questo vertiginoso anniversario di mille anni dalla fondazione.

In questo millenario crinale, tempo e tempio sono entrambi il segno concreto e sperimentabile di una singolare affezione di Dio per la nostra umana vicenda di popolo in cammino, di credenti in ricerca del Suo Volto, di monaci toccati nel cuore da una sorta di folle ebrezza per il mistero.

Cosa è Firenze? Posso rispondere, parafrasando una definizione di Leon Battista Alberti:

“una casa grande, funzionale e bella, casa costruita nei secoli, con l’apporto di tutte le generazioni, su uno spazio definito dall’Arno e dalle colline di Fiesole, di San Miniato e di Monte Oliveto, dalla grande famiglia per la grande famiglia fiorentina.

Firenze, tesori e valori, di natura e grazia, temporali ed eterni, umani e divini. Tesori e valori qui deposti, ma da qui destinati ad irradiarsi nei secoli, sulla civiltà intiera e nel mondo intiero. Un complesso organico di tesori e di valori accentrati attorno ai due poli essenziali della città -la Cattedrale di Santa Maria del Fiore ed il Palazzo della Signoria- e svolgentesi armoniosamente attraverso monasteri e basiliche, botteghe ed officine, centri di cultura e centri di carità, laboratori sperimentali di scienza e di tecnica. E’ inutile fare i nomi dei più celebri Santi, poeti, architetti, scultori, pittori, scienziati, politici, navigatori, banchieri, imprenditori, che la Provvidenza ha qui suscitato e la cui opera e la cui vocazione fanno corpo con la struttura e la vocazione totale della città! Legati a Firenze, come i profeti a Gerusalemme! Ecco in sintesi, cosa vale Firenze: ecco cosa valgono, analogamente, le vostre città, cosa valgono tutte le città -grandi e piccole- della terra”.

E quale destino esse hanno?

Eminenza carissima, carissimi amici, sappiamo come per Giorgio La Pira la più vera risposta fosse quello che noi adesso contempliamo salendo verso San Miniato e che Nicola Lisi evocava come trasfigurazione: un destino di assoluta assolutezza che restituisca al nostro tempo la luminosa solidità piena e definitiva di quel nuovo santuario che sarà la Gerusalemme Celeste di cui San Miniato è segno e sogno, per quella città e quella chiesa che in Lei Eminenza ha il Suo premuroso Pastore che oggi, mille anni dopo, torna sui passi del predecessore Ildebrando per restituire a noi monaci per prima, ma in realtà a tutto il popolo santo di questa chiesa, la vocazione al futuro che Dio prepara per noi, senza la quale l’uomo vivrebbe in un presente che può facilmente logorare, alienare, spaventare e annientare.

Grazie per tutto questo.

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